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Celiachia: curarsi con la dieta


Alcune malattie come intolleranze, allergie, diabete, malattie cardiovascolari, etc..richiedono certamente una grande attenzione e una grande cura dell’alimentazione. Una di queste è senz’altro la celiachia.
 

Attenti al glutine!



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La celiachia è una grave intolleranza al glutine, una proteina contenuta nella maggiori parte dei cereali e quindi nella stragrande maggioranza dei cibi consumati quotidianamente. La celiachia affligge circa una ogni 100 – 150 persone e i celiaci conclamati sono dunque 65.000. Ogni anno nascono circa 2.800 nuovi soggetti affetti da celiachia (fonte: Associazione Italiana Celiaci). Molti soggetti però non sanno di esserne affetti perché spesso i relativi sintomi sono simili a quelli provocati da altri tipi di patologie. In alcuni pazienti infatti, la celiachia si manifesta con perdita di peso, spossatezza, diarrea e diverse carenze nutritive. Facile quindi confondere questi indizi con sintomi di patologie meno gravi, come una semplice influenza. Altri sintomi invece colpiscono organi estranei all’apparato digerente. Si tratta di afte, dolori alle ossa, gonfiori alle caviglie, crampi, dolori muscolari debolezza negli arti, alterazioni cutanee, strani formicolii.  Purtroppo, ancora oggi non esistono cure. L’unica soluzione che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute è curare l’alimentazione non ingerendo alimenti che contengono glutine e sostituendoli con quelli che ne sono privi. I celiaci sanno quanto questo sia difficile: pane a pasta, gli alimenti base dell’alimentazione mediterranea, sono infatti farinacei che contengono forti quantità di glutine. Tuttavia, oggi in commercio esistono alimenti di tutti i tipi, studiati appositamente per chi è affetto da celiachia, completamente privi di glutine.  I cibi in e i cibi out.


Non tutti i cereali però contengono glutine. Perciò chi soffre di questa patologia deve stare molto attento a scegliere i cibi adatti.

Vi sono alcuni cereali consentiti perché naturalmente privi di glutine. Si tratta di: mais, tapioca, riso e miglio. Anche la farine di questi cereali possono essere tranquillamente utilizzate per la preparazione di dolci o di cibi salati, magari in alternativa alla farina di grano. Luce verde anche per la maizena (amido di mais), polenta, pop corn e fiocchi di riso.

Assolutamente da evitare invece: segale, farro, frumento, orzo, kamut, triticale, sorgo e tutti i prodotti preparati con le loro farine, come pan grattato, amido, cerali per la prima colazione, gnocchi di patate, semolino, crusca e couscous.

Anche alcune bevande sono assolutamente da eliminare, come i caffè solubili, perché possono contenere piccole quantità di orzo o malto. Il malto è anche alla base della preparazione della birra e del whisky. Nell’ambito dei liquori, da abolire anche gin e vodka, ottenuti grazie alla fermentazione del grano.  
 

La spesa in farmacia

Chi cerca alimenti privi di glutine doveva necessariamente recarsi in farmacia, dove è possibile trovare non solo pasta , pane, farine e fette biscottate assolutamente privi di glutine ma praticamente tutti i tipi di cibi, come snack, dolci, merendine, biscotti, cereali e perfino muesli e prodotti per la prima colazione. Naturalmente questo tipo di prodotti ha un costo nettamente superiore rispetto ai corrispettivi normalmente presenti in commercio, ma il servizio sanitario nazionale prevede un rimborso, la cui entità varia a livello locale, sulle cui modalità ci si può informare presso la propria A.S.L. di appartenenza.

Molti di questi prodotti, specialmente i dolci, sono dedicati ai bambini. Lo scopo è di impedire che il malato di celiachia, in particolar modo il bambino, si senta diverso dai propri coetanei, causandogli disagio e, in alcuni casi, difficoltà a relazionarsi con gli altri. Presso l’Associazione italiana celiachia è disponibile una lista completa degli alimenti rimborsati dal Servizio sanitario nazionale. Non è detto però che un celiaco non possa fare la spesa in un supermercato “normale”. Per evitare di correre rischi, bisogna leggere attentamente le etichette dei prodotti acquistati. Quelli contrassegnati con la dicitura “gluten free” o “privo di glutine” sono assolutamente sicuri.
 

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LA CELIACHIA

LA CELIACHIA

La celiachia è una condizione digestiva attivata dall'ingestione della proteina glutine, la quale si può trovare in alimenti quali il pane, la pasta, i biscotti, la pizza e ogni altra pietanza contenente frumento, orzo o segale. Anche l'avena può contenere glutine. Quando una persona affetta da celiachia ingerisce alimenti contenenti glutine, si provoca una reazione immunitaria nell'intestino tenue risultante in un suo danneggiamento e la conseguente inabilità ad assorbire certi nutrienti dal cibo.

L'intestino tenue è un tubo di circa 35 mm di diametro e di 5 m di lunghezza che va dal duodeno al colon. E' la sede principale dell'assorbimento delle sostanze nutritive nel circolo sanguigno. La parete dell'intestino tenue è ricoperta da minuscole sporgenze digitiformi, chiamate villi.

Villi intestinali

Assomigliano in scala microscopica alle fitte trame di peli di un folto tappeto; la funzione dei villi è quella di assorbire vitamine, minerali e altri nutrimenti dal cibo che viene ingerito.

Un'inefficace assorbimento di nutrimenti può privare cervello, sistema nervoso, ossa, fegato e altri organi di nutrimenti e causare deficienze vitaminiche che possono portare ad altre malattie. Questo può essere grave specialmente nei bambini, i quali hanno bisogno di una nutrizione appropriata per svilupparsi e crescere.

Alcune teorie suggeriscono che la celiachia si sia manifestata nell'uomo quando esso passò da una dieta a base di carne e frutta secca ad una a base di grassi ad alto contenuto proteico come il grano. Comunque è solo negli ultimi 50 anni che i ricercatori hanno ottenuto una migliore conoscenza delle sue cause e di come trattarla.

Sintomi

Non esistono sintomi tipici della celiachia. La maggior parte delle persone affette hanno problemi generici come una diarrea intermittente, dolori addominali o magari possono anche non manifestare alcun problema gastrointestinale. I sintomi della celiachia possono simulare quelli di altre malattie come colon irritabile, ulcere gastriche, morbo di Crohn, infezioni parassitarie, anemia, disordini della pelle o disturbi nervosi.

La celiachia si può manifestare anche in modi meno ovvi, includendo cambiamenti del comportamento come irritabilità o depressione, disturbi allo stomaco, dolori alle giunture, crampi muscolari, eczemi cutanei, ferite alla bocca, disordini ai denti o alle ossa e movimenti delle gambe e dei piedi (neuropatia).

Alcuni indizi di malassorbimento che possono derivare dalla celiachia possono essere:

  • Perdita di peso
  • Diarrea
  • Crampi addominali, flatulenza
  • Debolezza generale
  • Feci maleodoranti o grigiastre che sembrano grasse o oleose.
  • Difficoltà di crescita (nei bambini)

Cause

Le cause esatte della celiachia sono sconosciute. Quello che si sa per certo è che si tratta di un difetto ereditario. Se un individuo ce l'ha, normalmente si manifesta anche nel 10 % dei parenti prossimi. Può verificarsi a qualsiasi età, anche se solitamente i sintomi non appaiono finché il glutine è introdotto nella dieta.

Spesso, per motivi non molto chiari, questa malattia si manifesta dopo alcune forme di trauma: ad esempio infezioni, maternità, forte stress, danni fisici o operazioni chirurgiche.

Fattori di rischio

Anche se chiunque può essere affetto dalla celiachia, essa tende comunque ad essere più comune in persone con altri disturbi autoimmuni.

 

Diagnosi

Se è noto che qualcuno nella famiglia ha la celiachia, conviene effettuare un controllo. Questo soprattutto per evitare le complicazioni derivanti dalla mancata cura della malattia.

Visto che chi è affetto da questo disturbo ha un livello di anticorpi maggiori del normale, un'analisi del sangue può aiutare la diagnosi. Per confermare la diagnosi si può rimuovere (biopsia) una piccola porzione di tessuto intestinale per cercare un eventuale danneggiamento dei villi. Generalmente il tessuto è ottenuto da una endoscopia, ovvero l'inserimento di un sottile e lungo tubo attraverso bocca, esofago e stomaco, fino all'intestino, dove asporta un campione di tessuto.

Anche osservando le regole di una severa dieta libera da glutine si può confermare una diagnosi, ma è importante iniziare tale dieta solo dopo una valutazione medica.

 

Complicazioni

A causa del danneggiamento dell'intestino causato dal glutine, pure la digestione di cibi che non lo contengono possono risultare in dolore addominale e diarrea. Alcune persone affette da celiachia non sono in grado di tollerare lo zucchero contenuto nel latte (lattosio) che si trova in prodotti caseari, condizione chiamata intolleranza al lattosio. Se è questo il caso, bisogna di ridurre il cibo e le bevande che contengono lattosio così come quelli che contengono glutine. Una volta che l' intestino è guarito, si può essere in grado di digerire di nuovo i prodotti caseari. Tuttavia ci sono soggetti che sperimentano intolleranza al lattosio nonostante un trattamento della celiachia che ha avuto successo. Se si fa parte di questo gruppo, si deve evitare indefinitivamente prodotti che contengono il lattosio.

Se non viene trattata opportunamente, la celiachia può portare a malnutrizione. Dato che nutrimenti vitali sono persi attraverso le feci piuttosto che assorbiti nel flusso sanguigno, da questa difficoltà di assorbimento può derivare una deficienza di vitamine A, B12, D, E, K e acido folico. Con una perdita continua di grassi nelle feci, anche il calcio può essere perso in quantità eccessive, risultando in altre due complicazioni: un certo tipo di calcoli renali (calcoli di ossalato di calcio) e una malattia delle ossa chiamata osteomalacia, malattia nella quale le ossa diventano molli. La malnutrizione può causare problemi di crescita nei bambini e ritardare il loro sviluppo.

Persone che hanno la celiachia e non mantengono una dieta libera dal glutine hanno più alte probabilità di sviluppare una delle tante forme di cancro, specialmente il linfoma intestinale. Altre complicazioni a lungo termine includono anemia, osteoporosi e neuropatie periferiche.

 

Terapia

La celiachia non ha cure, ma la si può tenere sotto controllo efficacemente attraverso un cambiamento di dieta . Una volta che il glutine è rimosso dalla dieta, le infiammazioni dell'intestino tenue cominceranno a cessare entro alcune settimane. All'inizio può essere necessario prendere integratori vitaminici e di minerali che prescriverà il medico o il dietologo per aiutare a correggere le deficienze alimentari. La guarigione e una significativa ricrescita dei villi avviene in parecchi mesi nei più giovani e in 2 o 3 anni negli individui più anziani.

I vantaggi di una dieta libera da glutine sono notevoli specialmente nei bambini. Non solo i loro sintomi fisici migliorano, ma pure il comportamento e la crescita inizieranno a migliorare.

Per trattare la malattia e prevenire complicazioni è cruciale evitare ogni cibo contenente glutine. Questo significa tutti i cibi o ingredienti derivati dalla maggior parte dei grani, frumento, orzo, segale e avena inclusi.

I cibi che sono accettabili in una dieta libera da glutine sono:
  Carne, pesce (non impanato)
  La maggior parte dei prodotti caseari
  Frutta
  Verdura
  Riso
  Patate

La maggior parte dei cibi a base di cereali contengono glutine. Evitare:

  • pane
  • Cereali
  • Crackers
  • Pasta
  • Biscotti
  • Torte
  • Sughi
  • Salse

….. a meno che siano fatti di mais o riso o etichettati come senza glutine.

Fortunatamente, per gli amanti del pane che hanno la celiachia, c'è un numero sempre maggiore di prodotti senza glutine sul mercato.
 

 
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Se viene ingerito accidentalmente un cibo a base di glutine, potrebbero verificarsi dolori addominali e diarrea. Piccole tracce di glutine in una dieta potrebbero non causare sintomi evidenti ma nonostante questo, produrre dei danni. Alternare una dieta senza glutine ad una normale potrebbe portare a serie complicazioni.

Approssimativamente il 95% delle persone affette da celiachia che seguono una dieta senza glutine hanno un recupero totale. Solo una piccola percentuale di persone che hanno danneggiato seriamente il loro intestino non hanno miglioramenti con una dieta libera da glutine. Quando la dieta non ha effetto, il trattamento spesso include medicine finalizzate a tenere sotto controllo le infiammazioni intestinali e altre condizioni risultanti dall' assorbimento sbagliato.

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Salute

Dolce è la vita

Aspartame: come un dolcificante è il paradigma (amaro) per capire come le autorità mondiali inseriscono nell'alimentazione una nuova sostanza artificiale. Questa sera 21.30 Rai3 - Sabrina Giannini

Si apprende che il Ministro della Salute Renato Balduzzi vorrebbe far pagare una tassa extra alle industrie alimentari che producono bevande o merendine con troppo zucchero. Storia già vista: alla fine la "tassa" sarà pagata sul consumatore finale. L’idea del ministro potrebbe produrre l’effetto di agevolare l'industria dei dolcificanti artificiali e quindi incrementare la vendita dei prodotti a basso contenuto calorico, cosiddetti light e diet. Tra l’altro, i dolcificanti artificiali - aspartame, sucralosio, acesulfame k, ciclamato e neotame – costano meno dello zucchero.

Se di obesità si deve parlare, gli esperti arruolati dal Ministro dovrebbero aggiornarsi su alcuni studi importanti inerenti proprio la piaga dell'Occidente che miete tante vittime: la sindrome metabolica, associata sia al consumo di bevande dolci ma anche a quelle dolcificate con edulcoranti ipocalorici. Com'è possibile essendo queste ultime prive di calorie? E com'è possibile che gli allevatori di maiali uniscano aspartame alla dieta dei piccoli suini destinati all'ingrasso?

La storia di questo dolcificante parte da lontano e l’autorizzazione alla commercializzazione da parte dell’Fda fu un percorso lungo e tortuoso che si sbloccò nel 1980. Quell’anno Reagan cambiò il direttore della Food and Drug Administration, e per Donald Rumsfeld, all’epoca amministratore delegato della casa produttrice di aspartame, nonché rappresentante politico di Reagan per il Medioriente, le cose cambiarono. Un organo terzo visionò le ricerche, che fino al quel momento erano state bocciate, e decretò che l’aspartame era sicuro. Da allora divenne l’edulcorante più diffuso al mondo, si trova in quasi 5000 prodotti, dalle gomme da masticare alle bevande, dal dentifricio ai farmaci pediatrici. Ma cosa c’era scritto esattamente su quelle carte, che arrivarono anche al nostro Ministero della salute? Oggi, alla richiesta di visionare i documenti sulla base dei quali fu autorizzato il consumo di aspartame in Italia nel 1982, il Ministero ha risposto così: «Non si sa dove siano finite. Abbiamo fatto come direzione quattro traslochi e ad ogni trasloco si è sempre riunita una commissione per la valutazione anche di…» buttarli via.

Dopo 30 anni l'Agenzia per la sicurezza alimentare dell'Unione europea (Efsa), su ordine della Commissione europea e a seguito della pressione di alcuni parlamentari e media stranieri (Le Monde in particolare), deve aprire il dossier sull’aspartame.

È una storia che potrebbe chiudersi a settembre, almeno per l'Europa, quando gli esperti dell'Efsa (che ha sede a Parma ed è associata ormai alla gaffe di Berlusconi «Io ebbi a fare la corte alla presidente della Finlandia, perché quando si insegue un risultato si devono usare tutte le arti») si pronunceranno. Da esaminare c’è una lunga serie di problematiche associate all’aspartame. Quel che sappiamo è che questo apparato che deve proteggere il consumatore, e costa 80 milioni di euro l’anno, consente a ben quattro rappresentanti dell'industria agroalimentare di sedere nel Cda e alla metà degli esperti di avere conflitti di interesse. 
Nel frattempo l’Istituto di ricerca Ramazzini di Bologna ci anticipa i risultati di una ricerca circa i potenziali effetti cancerogeni di un altro, sempre più diffuso, edulcorante: il sucralosio.

 

La puntata integrale visibile da lunedì

Sabrina Giannini
sabrina.giannini@reportime.it
28 aprile 2012(ultima modifica: 29 aprile 2012 | 9:02)

 


NOTA IMPORTANTE
I prodotti Herbalife non contengono aspartame!
Nessuno dei prodotti Herbalife contiene aspartame
I prodotti Herbalife contengono unicamente componenti di origine vegetale  frutto di oltre 30 anni di ricerche dei piu' importanti scienziati e nutrizionisti al mondo. Herbalife.... la salute con le erbe!

 

 

WWF – 119 SOSTANZE TOSSICHE NEGLI ALIMENTI

 
I CIBI ESAMINATI IN SETTE PAESI - I 27 campioni di alimenti, provenienti da Gran Bretagna, Polonia, Svezia, Italia, Spagna, Grecia e Finlandia, appartengono a categorie molto diverse l’una dall’altra e di
largo consumo come prodotti caseari (latte, burro e formaggio), carne (salsicce, petti di pollo, salame, bacon), pesce (salmone, tonno, aringhe) e ancora pane, olio d’oliva, miele, succo d’ arancia. «Nessuno dei prodotti, tutti comprati in supermercati e di marche comuni – afferma il Wwf – è risultato esente da tracce di sostanze chimiche, al contrario in tutti sono stati rinvenuti, in varia misura e secondo miscele differenti, i 119 composti tossici presi in esame». Sono stati rintracciati inquinanti vecchi e nuovi, come ftalati nell’olio d’oliva, nei formaggi e nella carne, pesticidi organoclorurati, come il DDT, nel pesce nel burro, nella carne di renna, muschi artificiali e organostannici nel pesce, ritardanti di fiamma ancora nella carne e nel pesce.
PESTICIDI NELLE LASAGNE - Con la collaborazione del Prof. Focardi dell’ Università di Siena sono state effettuati test su campioni di lasagna, acquistate nei supermercati di quattro città italiane e sono stati rintracciati più di 40 pesticidi, tra cui il DDT. «I livelli di contaminanti rilevati negli alimenti analizzati non sono in grado di causare conseguenze dirette o immediate sulla salute (i consumatori non devono allarmarsi o evitare questi cibi), ma deve essere seriamente valutato l’effetto di un’esposizione cronica, anche a basse dosi – prosegue il Wwf – di un cocktail di contaminanti attraverso la dieta, soprattutto nel feto in via di sviluppo, nei neonati e nei bambini».
«SERVE UNA NUOVA NORMATIVA» - «Neanche la dieta più salutare ci mette al riparo dagli inquinanti chimici tossici – commenta Michele Candotti, Segretario generale del Wwf Italia -. Per questo noi crediamo che le sostanze chimiche debbano essere sottoposte a una normativa più efficace. Siamo alla vigilia del voto su Reach, lo strumento dell’Ue per la regolamentazione delle sostanze chimiche«. Il Wwf «chiede ai parlamentari europei che siano bandite le sostanze più pericolose e applicato il principio di sostituzione, siano fissati requisiti severi per i produttori al fine di garantire trasparenza di informazione su tali sostanze. È necessario, inoltre, che il consumatore sappia quali sostanze sono presenti nei prodotti di uso quotidiano».
LE PRECISAZIONI DELLA COLDIRETTI - Senza svalutare l’importanza del dossier del Wwf la Coldiretti precisa che i prodotti agricoli italiani sono in genere sicuri: «Il fatto che le analisi effettuate dal Wwf per l’ltalia – spiega la Coldiretti – riguardino esclusivamente due prodotti come il salame e la caciotta ottenuti spesso da carne e latte provenienti dall’estero all’insaputa dei consumatori dimostra la necessità di non generalizzare e di proseguire nell’impegno comune per la rintracciabilità delle produzioni e l’etichettatura di origine trasparente degli alimenti che rappresentano un traguardo concreto per la qualità e tutela la salute anche nei confronti delle contaminazioni chimiche».

 

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NOTA IMPORTANTE
La nostra missione "VIVIalTOP", la  missione di Herbalife e dei suoi Distributori Indipendenti è di informare e sensibilizzare le persone in tutto il mondo sull'importanza di sane abitudini alimentari e stile di vita.
L'alimentazione contemporanea, la cattiva alimentazione, assieme ai ritmi e stile di vita imposti danneggiamo la nostra salute.

I prodotti Herbalife contengono unicamente componeneti vegetali e naturali, niente di chimico o artificiale
Solo componenti botanici!   Frutto di oltre 30 anni di esperienza sulle erbe e la nutrizione, prodotti sviluppati dai piu' importanti scienziati e nutrizionisti al mondo  (  vedi Staff edico-Scientifico Herbalife  )

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Dieta fresca, non rigida

Gli errori da non commettere quando si mangia cibo crudo

Mangiando crudo, attenzione a non commettere questi errori.

1) Mangiare crudo tutto o quasi. Anche i "crudisti" più accaniti, si consentono integrazioni (un po' di verdura cotta a vapore, per migliorare la biodisponibilità di alcuni principi nutritivi).

2) Mangiare poco. Gli alimenti crudi tendono a saziare di più e a riempire lo stomaco più rapidamente: può aiutare a perdere qualche etto, ma poi l'organismo si "vendica": scatena l'appetito, o si abitua alla carenza. E può essere pericoloso.

3) Fare la spesa una volta la settimana. I cibi da mangiare crudi devono essere per prima cosa freschi, per essere sani. Non riempite il frigo una volta ogni tanto: la verdura appassisce e perde vitamine (specie la C); i microbi possono «fare festa» nella carne e nel pesce.

16 luglio 2012 | 8:22

 



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Mangiare (tutto) crudo non è una buona idea

Si diffonde la convinzione che i cibi conservino più «nutrienti» se non passano dai fornelli. 

Ma non è sempre così


 
L'afa, l'insopportabile calore dei fornelli, il desiderio di mangiare piatti freddi, assecondano, soprattutto in estate, una "moda" alimentare che sta prendendo piede: l'abitudine di mangiare cibi crudi (GUARDA). "Gli ossessionati dal crudo" titola, con un filo di ironia, il quotidiano francese Le Monde nel suo blog, a proposito di coloro (sempre più numerosi) che rinunciano in modo categorico ai cibi cotti. E presenta, come guida alimentare, la "Piramide del cibo crudo": alla base, insalate e verdure verdi; all'apice, alghe; al centro verdura, frutta, germogli, semi.

 

VALORI NUTRIZIONALI - «Su Internet circolano varie piramidi crudiste, vegetariane, che però non hanno alcun valore dal punto di vista nutrizionale» spara a zero Andrea Ghiselli, ricercatore dell'Istituto Nazionale di Ricerca per Alimenti e Nutrizione. Comunque, mentre i crudisti veri e propri, strettamente vegetariani, sono ancora relativamente pochi, sono sempre più numerose le persone convinte che l'alimento crudo sia meglio di quello cotto, perché più "vivo", più ricco di principi nutritivi. Ma è davvero così? Andrea Ghiselli, è convinto di no: «Il calore, lo sappiamo da sempre, migliora digeribilità e sicurezza igienica dei cibi. La sorpresa è che, di recente, numerosi studi hanno dimostrato come una lieve cottura possa fare aumentare il potere antiossidante di molti ortaggi e favorirne biodisponibilità e assorbimento da parte dell'organismo. Questo perché il calore tende a rompere le pareti delle cellule vegetali, che possono trattenere al loro interno numerosi composti utili».

QUALCHE ESEMPIO - Da uno studio dell’Inran e dell'Università di Napoli è emerso, per esempio, che il contenuto in folati di cavolfiori, broccoli, asparagi cotti a vapore, pur calando del 10% rispetto a quello degli stessi ortaggi crudi, è assai più facilmente assorbibile. La cottura migliora anche la biodisponibilità del licopene, pigmento rosso antiossidante che abbonda soprattutto nei pomodori. Analogamente carote, spinaci, asparagi, cavoli, peperoni e molti altri vegetali, se cotti (bolliti o a vapore), forniscono una maggiore quantità di carotenoidi e acido ferulico. Peraltro, anche le crudità hanno buone frecce al loro arco. Per esempio, le carote crude hanno più polifenoli; i broccoli crudi più sulforafano. «Quanto alla vitamina C, che abbonda in verdura e frutta, — spiega Ghiselli — è vero che si distrugge con il calore (per esempio, i peperoni cotti che ne sono ricchissimi possono perderne fino al 60%), ma è anche vero che una corretta alimentazione è talmente ricca di questa vitamina, da garantirne comunque abbastanza».

CARNE E PESCE - La scelta fra un'insalatona e una caponatina, insomma, può rispondere più al gusto personale che ad esigenze nutrizionali. Ma con la carne e con il pesce crudi, come la mettiamo? Nel caso degli alimenti di origine animale la crudità non presenta particolari vantaggi nutrizionali, mentre comporta dei rischi. La cottura riesce infatti a distruggere salmonelle e germi vari che possono inquinarne le carni e provocare intossicazioni anche gravi. Eppure, oggi pesci e carni da mangiare crudi vengono proposti non solo nei ristoranti ma anche nei supermercati. Possiamo fidarci? «I rischi di intossicazione sono azzerati solo dalla cottura. Bisogna ammettere, però, che oggi i controlli igienici sono tali da ridurre drasticamente il pericolo» dice Ghiselli. «In passato sono stato sempre contrario al crudo, ma ora i rischi sono più bassi — ammette Carlo Cantoni, docente di Ispezione degli alimenti di origine animale, della facoltà di veterinaria dell'Università di Milano —. Attualmente nel nostro Paese non risultano casi di intossicazione da carni di manzo e vitello crude e nemmeno da uova d’allevamento industriale, grazie alle regole igieniche imposte dall'Unione Europea e alla correttezza di produttori e operatori vari».

PARASSITI - Questo però non basta nel caso del pesce da mangiare crudo. «Non è sufficiente che il pesce sia fresco per essere sano — spiega Patrizia Cattaneo, professore ordinario di Ispezione dei prodotti della pesca, Università di Milano —. Il pescato, in mare o in acque dolci, può ospitare larve di pericolosi parassiti, che sfuggono ai controlli sanitari. Se si vuole mangiarlo crudo, va congelato rapidamente a temperature inferiori a -20 °C per almeno 24-36 ore: l'abbattimento termico uccide i parassiti». In conclusione, tutti questi alimenti, vegetali e animali, possono essere mangiati crudi, se non si teme di correre qualche minimo rischio. «Eccezion fatta per il latte — avverte Cantoni — che, se comprato crudo, va comunque bollito, per evitare possibili intossicazioni».

Roberta Salvadori

L'INDAGINE INGLESE

Le barrette ai cereali uno snack sano?
«Solo un mito, sono sature di zuccheri e grassi»

L'indagine di un gruppo di consumatori inglese rivela che su 30 prodotti analizzati solo una ha bassi contenuti di zuccheri

 

Una barretta ai cerealiUna barretta ai cereali
L'immagine delle barrette di cereali come snack sano è solo una «leggenda». In realtà questi alimenti, secondo uno studio finanziato dal gruppo inglese di consumatori «Which?» conterrebbero parecchi grassi e zuccheri. In particolare, dei 30 diversi tipi di barrette esaminate, solo una non aveva alti contenuti di zuccheri, mentre 16 ne avevano più del 30%. In una c'era l'equivalente di 4 cucchiaini di zucchero - più di quanto ne contenga una piccola lattina di cola e pari al 20% della soglia giornaliera di zuccheri raccomandata. Negli altri snack analizzati sono state riscontrate anche alte quantità di grassi e grassi saturi. Ad esempio, delle sette barrette vendute per i bambini, sei contengono alti livelli di grassi saturi.

 

IL CONFRONTO - L'associazione inglese dei consumatori ha messo a confronto il contenuto nutritivo delle barrette usando le informazioni delle aziende produttrici e usato una sorta di semaforo, apponendo luci rosse, gialle o verdi, quando i livelli di grassi, grassi saturi, zuccheri e sali erano alti, medi o bassi. «Le aziende devono ridurre il contenuto di zuccheri e grassi nei prodotti destinati ai bambini - commenta Richard Lloyd, direttore esecutivo di "Which?" - e fare controlli più rigidi nel modo in cui sono pubblicizzati. La gente spesso sceglie le barrette di cereali, pensando che siano più sane di cioccolato o biscotti, ma la nostra ricerca dimostra che questo è solo un mito».



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BENESSERE
Barrette ai cereali dietetiche? "No, sono ricche di zuccheri e grassi"

L'esperto risponde: "Ci sono barrette e barrette..."

LUGANO - L'immagine delle barrette ai cereali come sostituto sano di un pasto, o come uno snack leggero per spezzare l'appetito, potrebbero essere soltanto un'utopia. Almeno secondo l'indagine promossa da "Which?", un gruppo di consumatori inglesi che, analizzate 30 diverse barrette, ne ha trovata soltanto una con bassi contenuti di zuccheri. Ancor più grave il fatto che oltre la metà ne contenevano più del 30% e in una, di zucchero, ce n'erano circa 4 cucchiaini, più che in una lattina di cola, oltre il 20% della dose giornaliera consigliata. Per non parlare delle alte quantità di grassi insaturi e grassi saturi. Insomma, all'apparenza, le fantomatiche barrette non sarebbero un alimento poi così salutare.

"Le barrette alimentari sono uno snack che viene incontro alle esigenze del consumatore - spiega Marco Ceriani, esperto in nutrizione e benessere - sono comode da trasportare, sono porzionate e hanno una lunga conservabilità (8-12 mesi)".

Dal punto di vista della scelta si deve però prestare attenzione agli ingredienti, che ne determinano una differente destinazione d'uso: "Esistono in commercio barrette molto differenti dal punto di vista nutrizionale - precisa Ceriani -: con proteine (fino al 50%) destinate agli atleti di sport "muscolari" come la pesistica o la boxe; energetiche: ricche di carboidrati e grassi, ideali per gli sport d'endurance".

Particolare attenzione meritano poi le barrette "ai cereali": "Possono trarre in inganno sulla loro reale composizione nutrizionale. Non si tratta infatti di snack dietetici o salutistici poiché apportano comunque una quota rilevante di zuccheri semplici (sciroppo di glucosio), essenziali per la realizzazione della barretta (per impasto e consistenza). Come i cereali della colazione, sono alimenti industrializzati, poco genuini che nascondono calorie in eccesso e zuccheri a rapida assimilazione (oltre a qualche grasso). Un conto è la quota energetica apportata da ingredienti naturali come: frutta fresca, frutta secca  e miele. Altro è lo sciroppo di glucosio che alza rapidamente la glicemia ed è utilizzato come ingrediente prioritario per il suo basso costo e per la sua funzione di legante".

Insomma, se si è attenti alla linea e alla salute, meglio optare per un frutto di stagione.

Il grasso fa male anche al cervello
Chi è obeso è meno intelligente

Milano, 09 ottobre 2012

Mercoledì in tutta Italia la giornata contro l'obesità: tre differenti studi mettono in evidenza che tra i vari problemi provocati dall'eccesso di peso c'è un evidente declino cognitivo

 

Un paziente alle prese con l'obesità. Afp
Un paziente alle prese con l'obesità. Afp

Mercoledì 10 ottobre si svolgerà in tutta Italia – sul sito www.obesityday.org potete vedere quale è il centro più vicino a voi – la XXII edizione dell’”Obesity day”, la campagna di sensibilizzazione nazionale su sovrappeso e salute, promossa dall’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI). Una giornata in cui saranno organizzati servizi informativi ai cittadini sul grave problema dell’obesità, con l’obiettivo di prevenirla attraverso un’alimentazione adeguata e uno stile di vita corretto.

PROBLEMI — Questa malattia cronica, uno dei maggiori problemi di salute pubblica del nostro tempo, e per questo motivo oggetto di svariati studi internazionali, non è solo all’origine di diverse patologie fortemente debilitanti, vedi diabete, cardiopatie, tumori e sindromi metaboliche, ma anche di ulteriori disfunzioni, inimmaginabili sino a poco tempo fa, via via scoperte grazie all’impegno di équipe di scienziati a tempo pieno impegnati nel contenere un fenomeno che sta sviluppandosi nel pianeta in maniera esponenziale. L’ultima scoperta in ordine di tempo riguarda lo stretto rapporto esistente tra l’eccesso di peso e la funzionalità cerebrale. Da Parigi, Londra e Los Angeles tre differenti studi, ma simili nelle conclusioni: quoziente di intelligenza e grassezza sarebbero inversamente proporzionali.

GLI STUDI — La ricerca coordinata da Archana Singh-Manoux dell'Istituto nazionale di sanità e ricerca medica di Parigi (Inserm) e dell'University College di Londra, pubblicata sulla rivista ‘Neurology’, ha coinvolto per 10 anni oltre 6.400 inglesi, uomini e donne di età compresa tra i 35 e 55 anni. I cittadini in media più grassi d’Europa, con quasi un quarto degli adulti e oltre il 14% dei giovani sotto i 16 anni classificati come obesi, sottoposti per tre volte a diversi test cognitivi, hanno manifestato risultati molto differenti in funzione del loro peso. Su un campione in cui il 53% delle persone era normopeso, il 38% sovrappeso, il 9% obeso e il 31% a rischio di anomalie metaboliche, il declino cognitivo si è rivelato negli individui obesi e con problemi metabolici più veloce del 22,5% rispetto a chi era sano e non aveva problemi con la bilancia. A conclusioni del tutto simili è giunto anche un altro studio, sempre francese e ancora una volta uscito su ‘Neurology’, ma dell’Ospedale universitario di Tolosa. In questo caso, le persone monitorate per 5 anni sono state 2200, ma con un’età compresa tra i 32 e i 65 anni. Anche a loro sono stati sottoposti quattro test di capacità mentale che hanno dovuto ripetere per due volte, a cinque anni di distanza l'uno dall'altro. Ebbene, chi aveva un Indice di Massa Corporea (IMC) pari a 20 o meno – secondo le tabelle OMS il peso è da considerarsi regolare quando l’IMC è compreso tra i valori 18,5 e 24,9; il sovrappeso va dai 25 ai 29,9; l’obesità dai 30 in su - riusciva a ricordare nel corso del test 56 parole, contro le 44 di chi si ritrovava con un IMC pari a 30 o più. Secondo Maxime Cournot, coordinatore dello studio, sarebbe tutta colpa degli ormoni secreti dal grasso, che potrebbero avere un effetto nocivo sulle cellule cerebrali. Ancora oltre sono andati i colleghi americani dell’Università della California di Los Angeles dopo avere monitorato, tramite analisi elettroencefalografica, l’attività cerebrale di 94 persone settantenni di diversa corporatura. I dati raccolti sulla rivista scientifica "Human Brain Mapping" hanno evidenziato come il cervello degli oversize, rispetto a quello dei normopeso, presentava una quantità di tessuto inferiore a livello dei lobi temporale e frontale (le cosiddette aree della memoria) di circa l’8% e una ‘senilità’ di 16 anni superiore. E’ andata un po’ meglio a chi era solo in sovrappeso: cervello più piccolo del 4%, e più vecchio di 8 anni. Da ciò, per il neurologo Paul Thompson, deriva un maggiore rischio di Alzheimer e di altre malattie cerebrali.

Mabel Bocchi
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Dove si trovano le proteine: Cibi ricchi di proteine


Dove si trovano le proteine?
Gli alimenti più ricchi di proteine sono le carni, ma non solo, anche le uova contengono una elevata percentuale di proteine ad alto valore biologico. Sono quindi uno degli alimenti necessari nella dieta di uno sportivo ed in genere per una persona che comunque cura la propria alimentazione apportando ogni giorno con la propria dieta le giuste quantità di nutrienti necessari.

Ecco in sintesi i valori proteici degli alimenti naturali più ricchi di proteine:

  • uova 93%
  • latte con il 10%
  • pesce 80%
  • Carni rosse 70%
  • Carni bianche 80%
  • Verdure-vegetali con il 40-50% a seconda dell'alimento (le proteine di origine vegetale sono carenti di alcuni importanti aminoacidi).
 

Valori nutrizionali ed apporto proteico delle carni (in grammi, per 100 grammi di prodotto):

  • Petto di pollo proteine 22.1 Grassi 0.9 kcal 97
  • Petto di tacchino proteine 22 grassi 4.9 kcal 134
  • Coniglio proteine 20.3 grassi 5.4 kcal 130
  • Vitello proteine 20.7 grassi 1 kcal 92
  • Bovino adulto proteine 20.7 grassi 5.1 kcal 129
  • Maiale (magro) proteine 20.3 grassi 5.4 kcal 130

Meglio le carni bianche o rosse?

La prima cosa utile che si può intravedere dopo questa rassegna di valori nutrizionali, consiste nel fatto che le carni bianche e quelle rosse più o meno contengono la stessa percentuale di grasso e proteine però a far propendere la scelta di consumare più pollo e tacchino sono dei semplici fattori, primo tra tutti la digeribilità, molto più rapida rispetto alle altre carni.

Un altro fattore che rende preferibile il consumo delle carni bianche è il loro apporto di grassi polinsaturi che è il doppio rispetto a quelle rosse ed incide anche il contenuto di vitamine del gruppo B e PP mentre le carni rosse invece apportano in quantità più elevate rispetto alle carni bianche, diversi minerali come il ferro, il calcio ed il fosforo.

N.b: La scelta migliore in questi casi sarebbe quella di variare ciclicamente il consumo delle varie carni in modo da assimilare le proprietà nutrienti di entrambe le categorie di carne.
 



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Alimenti e proteine

Quali sono gli alimenti più ricchi di proteine?

 

INTRODUZIONE

 

Le proteine sono i mattoncini che costituiscono gli organismi viventi. Questa loro peculiare funzione, chiamata plastica, non è però l'unica. Le proteine sono infatti deputate anche alla sintesi di ormoni, enzimi e tessuti (in particolar modo quello muscolare).

Alimenti e proteineIn condizioni di scarso apporto energetico, le proteine ricavate dagli alimenti o dal catabolismo muscolare, possono essere impiegate dal fegato, per fornire energia all'organismo.

Dal punto di vista chimico le proteine sono macromolecole costituite da 22 unità fondamentali chiamate AMINOACIDI, che, come tanti anelli, si uniscono tra loro a formare una lunga catena.

Otto di questi amminoacidi sono essenziali in quanto l'organismo non riesce a sintetizzarli a velocità sufficiente per far fronte alle richieste metaboliche. Tali aminoacidi (leucina, isoleucina, lisina, metionina, valina, treonina, fenilalanina, triptofano) devono pertanto essere introdotti con gli alimenti, onde evitare specifiche carenze nutrizionali. Nei primi due anni di vita diventano essenziali altri due aminoacidi, chiamati rispettivamente arginina e istidina

 

Non tutte le proteine sono uguali

 

Negli alimenti di origine animale si possono trovare proteine "ad alto valore biologico": significa semplicemente che tali cibi contengono tutti gli aminoacidi "essenziali" nelle giuste proporzioni e quantità.

Le proteine presenti negli alimenti vegetali hanno invece un profilo amminoacidico peggiore, in quanto carenti di uno o più aminoacidi "essenziali". Tale deficit può comunque essere colmato con facilità, associando tra loro alimenti vegetali di origine diversa (come la classica pasta e fagioli). Vedi: le proteine vegetali.

 

QUALITÀ DELLE PROTEINE

 

Per valutare la qualità delle proteine presenti negli alimenti si utilizzano tre parametri:

C.U.D. (coefficiente di utilizzazione digestiva): è dato dal rapporto tra azoto assorbito e azoto ingerito (Na/Ni): il CUD è alto per le proteine di origine animale, minore per le proteine di origine vegetale;

 

P.E.R. (protein efficiency ratio = coefficiente di efficacia proteica): basato sullo studio delle curve di accrescimento di lotti di animali alimentati con proteine: indica il guadagno in peso corporeo per ogni grammo di proteina ingerita;

 

N.P.U. (net protein utilization = utilizzazione proteica netta): esprime la digeribilità ed il valore biologico della proteina.

Quante proteine?

 

L'apporto consigliato di proteine con la dieta è inversamente proporzionale all' età:

2 g/kg/die nel neonato

1.5 g/kg/die a 5 anni

1-1.2 g/kg/die in età adolescenziale e adulta

 

Queste proteine dovrebbero derivare per i 2/3 da alimenti di origine animale e per 1/3 da alimenti di origine vegetale.

 

ECCESSO DI PROTEINE: si correla a sovrappeso e a maggiore impegno renale ed epatico. Un eccesso di proteine di origine animale associato ad elevate quantità digrassi saturi (manzo, maiale o altra carne rossa ricca di lipidi) è uno dei fattori di rischio per il cancro al colon e per numerose altre malattie. Vedi: Dieta e cancro


Alimenti ricchi di proteine

Alimenti con maggior contenuto di proteine
ALIMENTO g proteine/100 g
SOIA SECCA 36,9
GRANA 33,9
BRESAOLA 32
PINOLI 31.9
ARACHIDI TOSTATE 29
PROSCIUTTO CRUDO 28
SALAME 27
...  
FAGIOLI SECCHI 23,6
PETTO DI POLLO 23,3
TONNO FRESCO 21,5
BOVINO ADULTO FILETTO 20.5
MERLUZZO O NASELLO 17,0
 
Alimento Valore bilogico
UOVA 100
LATTE 91
CARNE BOVINA 80
PESCE 78
PROTEINE DELLA SOIA 74
RISO 59
GRANO 54
ARACHIDI 43
FAGIOLI SECCHI 34
PATATA 34

N.B. la cottura dei cibi diminuisce notevolmente il valore biologico delle proteine 
 
Integratore Valore bilogico
PROTEINE DEL SIERO DEL LATTE >100
PROTEINE DELL'UOVO 100
PROTEINE DEL LATTE >90
PROTEINE DELLA CASEINA <80
PROTEINE DELLA SOIA <75
PROTEINE DEL GRANO <55
 

Quali sono gli alimenti più ricchi di uno specifico aminoacido?

 

Di seguito riportiamo il profilo aminoacidico degli alimenti più comuni. Cliccando su questa icona si aprirà una pagina dedicata, che ti permetterà di scoprire, per esempio, che le arachidi tostate sono l'alimento più ricco dell'aminoacido arginina.

 

proteine e aminoacidi alimenti cibi

 

Alimentazione: come capire se è sbagliata

Il nostro corpo ci dà dei segnali se mangiamo male. Ecco come capire se la nostra alimentazione è sana


 

A seconda di cosa mangiamo, il nostro corpo reagisce in modo positivo o negativo. Chiaro che se mangiamo ogni tanto qualcosa di particolarmente grasso o salato, non succede nulla. Ma se la nostra dieta è errata praticamente tutti i giorni, ecco che le reazioni del corpo si fanno sentire.

Vediamo quali sono:

- Pelle pallida, secca, con brufoli.
Ebbene sì. La nostra pelle risente della nostra alimentazione (e, nel caso, del fumo). Se siamo pallidi, la nostra pelle è sempre secca e abbiamo problemi con i famigerati brufoli, forse è il caso di cambiare registro alimentare. Prima di tutto, è di fondamentale importanza l'acqua. L'unica vera bevanda della salute è l'acqua. Basta dunque con bibite gasate e piene di zuccheri. Calma anche con bibite eccitanti, che contengono quantità astronomiche di caffeina.
Tè (ottimo in questo caso quello verde) e frutti di bosco aiutano la nostra pelle a mantenersi giovane, oltre che proteggerla dalle infezioni.
Se soffrite di acne o eczema, mangiate verdure verdi e preferibilmente crude.
Per una pelle luccida e abbassare il colesterolo, l'olio d'oliva, le noci e le arachidi sono la soluzione migliore. Non dimenticate che per la nostra pelle è essenziale anche il calcio. Latte, formaggi e yogurt sono quindi indicati.

- Stanchezza cronica.
Anche l'essere sempre stanchi e svogliati può essere sintomo di cattiva alimentazione. Un controllo medico è comunque opportuno. Ma se la medicina non trova cause, allora è di sicuro l'alimentazione che ci frega. Vitamine e sali minerali sono le sostanze che il nostro corpo ci chiede per poterle convertire in energia. Dove trovarle? Non nei famigerati integratori. Frutta e verdura fresca fanno invece al caso nostro. Verdure, latte, fegato, pesce, uova e noci sono ricchi di vitamina B. Arance, peperoni e patate per la vitamina C. Uova e semi vari ci danno zinco. Mentre dalla carne rossa (assunta con moderazione, rischia di essere più dannosa che utile in caso se ne mangi troppa) è presente il ferro, comunque ottenibile anche attraverso determinate verdure.

- Mancanza di concentrazione.
Se siete tra quelli che "Devo fare qualcosa, ma non mi ricordo cosa" o "Mi sembra di aver dimenticato che...", siete carenti di omega 3. Esistono le pastiglie composte da olio di fegato di pesce, ma la cosa migliore è mangiare del pesce vero e proprio. In questo caso consigliati i pesci molto grassi, come salmone e sardine. A differenza del grasso animale, quello del pesce riduce il colesterolo cattivo, aumentando quello buono.
Indicati per il cervello anche alimenti integrali (pasta, pane,...), mele, arance e pomplemo. Per ossigenare il cervello, integrate nell'alimentazione la cipolla fresca.

- Depressione.
Ebbene sì. Una cattiva alimentazione può portarci a stati di depressione. Scegliamo bene che alimenti assumere, perché se alcuni alimenti ci portano ad essere depressi, altri serviranno a sconfiggere questi infelici stati d'animo.

- Inappetenza.
Anche la mancanza di appetito - strano ma vero - è un sintomo non trascurabile. Potrebbe, ad esempio, trattarsi di disidratazione. In questo caso non resta che bere più acqua. Ma si può ricorrere anche, ma in piccole quantità, all'alcol. O meglio, ad un (1) bicchiere di vino rosso prima del pasto. Una piccola quantità di alcol porta infatti l'apparato digerente a secernere secrezioni digestive che potrebbero ridare l'appetito perduto. Metodo da prendere con cautela e, lo sottolineo, in piccole dosi. Non è certo bevendo più alcol che aumentiamo anche l'appetito (casomai, visto che contiene calorie vuote, otteniamo l'effetto contrario). Alcol a parte, un altro modo di accendere l'appetito è un'insalata prima del pasto. 



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ROMA – La cellulite è sicuramente l’inestetismo più odiato dalle donne di tutto il mondo. Stando a quanto è emerso in occasione del 34esimo congresso nazionale della Società Italiana di medicina estetica, un ruolo importante nella sua formazione sarebbe da attribuire anche i cosiddetti Afes, acronimo di Advanced Glycation End Products, sostanze tossiche che si formano durante la cottura degli alimenti e che, agendo sulle cellule della pelle e sul collagene, provocano danni ai tessuti connettivi.

“E' sottovalutato l'inquinamento da Ages contenuti nei cibi che si mangiano ogni giorno e che dipendono dalla manipolazione e la tecnologia di produzione industriale, oltre che ad alcuni metodi di cottura casalinga” ha spiegato Pier Luigi Rossi, docente di scienza dell'alimentazione e medicina preventiva all'università di Bologna.

Sebbene non sia possibile eliminare completamente l’introito di Ages, è possibile ridurlo limitando il consumo di bevande zuccherate e cibi industriali e privilegiando alimenti crudi o cotti al vapore.


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Il Licopene dei pomodori può proteggere
dall’osteoporosi in menopausa
 
Il Licopene è un carotenoide, che anche se non ha attività vitaminica, è però un
composto con proprietà anti-ossidanti e tra questi uno dei più attivi. L’attività
antiossidante è dovuta all’azione di rimozione dei radicali liberi, composti
altamente reattivi, colpevoli di grandi danni per l’organismo e principali colpevoli di
molti peggioramenti che, nell’insieme, consistono nell’invecchiamento.
 
Diversi studi hanno evidenziato che l’assunzione quotidiana di licopene può ridurre il
riassorbimento osseo, con quindi un possibile effetto di protezione nei riguardi
dell’osteoporosi della donne dopo la menopausa. Un altro possibile beneficio del
licopene legato all’invecchiamento, questa volta dell’uomo, è legato al suo possibile
ruolo protettivo nei riguardi di patologie prostatiche, comprese quelle tumorali.
 
Il Licopene è contenuto solo in piccole quantità di altri alimenti mentre ne sono
invece ricchissimi i pomodori rossi, di cui proprio determina il colore. Anche se
sembra strano, specialmente oggi che si tende a sottolineare sempre la superiorità
degli alimenti freschi assunti come tali, esso è però meno biodisponibile (cioè
utilizzabile) nel prodotto fresco, mentre lo è molto di più se il prodotto ha subito
un trattamento termico, come nelle salse a base di pomodori.
 
Il suo assorbimento è poi collegato strettamente, in senso favorente, alla presenza nello
stesso pasto di alimenti grassi, tra cui è comunque sempre preferibile l’olio
extravergine di oliva, che quindi è sempre consigliabile aggiungere alla salsa.
 
I consigli dell’esperto – Dott. De Angelis
 
 
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Un piatto estivo e sano… con un filo di olio d'oliva e 2 foglie di basilico fresco

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